PRIMITIVI
“Appunti di un viaggio di ritorno”
“Il mio viaggio inizia molti anni fa nel mondo dei Warao.
I Warao sono un popolo primitivo dell’Amazzonia che vive in capanne costruite su palafitte e si ciba dei doni del fiume e della foresta. Si spostano quasi esclusivamente su canoe strette e lunghe scavate in un unico tronco d’albero e scendono lungo il delta dell’Orinoco con una facilità che mi ingannò.
Non avevo neanche vent’anni. Una canoa era sulla sponda, mezza in acqua e mezza sulla terraferma, vicino un gruppetto di Warao, che mi guardavano seri. Mi avvicinai. Con i gesti chiesi se potevo usarla. I piccoli risero un pò, il vecchio li guardò severo e loro smisero di ridere. Poi il vecchio guardò la coppia giovane dietro di lui e poi guardò me. Mi parlò senza parlare, mi disse di non lasciarmi ingannare.
Ma niente. Io ero sordo.
Spinsi la canoa nel fiume, ci salii a fatica e, senza forse neanche riuscire a partire, finii in acqua. Provai un goffo tentativo di rigirare la canoa e poi un altro ancora e poi mi riportai a terra deluso.
Non avevo il coraggio di guardarli, ma sentivo le risate dei bambini. Mi voltai, il vecchio e la giovane coppia mi guardavano. In silenzio. Sperai mi volessero rimproverare o che fossero arrabbiati con me. In realtà non era così: ero sordo, ma non abbastanza da non capire.
Provavano pena per me, per la mia anima.
Anni dopo passavo le giornate facendo un lavoro per il quale avevo lottato ed investito tutte le mie energie e che invece era diventato per me inutile e senza senso. Intorno a me vedevo girare persone che non mi riconoscevano e io non riconoscevo loro.
Però sapevo disegnare. E così disegnavo. Disegnavo di tutto. Disegnavo continuamente. E poi buttavo via. E buttavo via ancora.
Un giorno che disegnavo senza pensare prese vita sul foglio una testa strana, stilizzata, fatta di tante curve e senza occhi.
Era un volto antico, semplice, vero, primitivo.
Quel volto mi guardava fisso con gli occhi che non aveva. E mi diceva molte cose, di darmi da fare e di iniziare prima possibile un viaggio di ritorno alle origini.
Ma io ero sempre sordo, anzi con il passare degli anni ero diventato ancora più sordo. E la dimenticai.
O almeno così credetti.
Quando ho iniziato a creare sculture l’ho fatto per necessità, urgenza creativa e non per scelta. E quando sentivo che gli altri non mi capivano, facevo finta di niente e tiravo dritto.
Mi dicevo che se loro non condividevano, allora quella era la strada giusta da percorrere. Tanto io continuavo a non riconoscerli.
Poi un giorno tutto questo è stato troppo e ho solo sentito solo voglia di urlare.
Così mi sono girato di scatto, pronto a reagire.
E allora ho rivisto i bambini Warao ancora lì a ridere di me. Ho avuto l’istinto di scacciarli come cattivi pensieri.
Ma poi ho visto il volto del vecchio e della giovane coppia. E loro ancora hanno provato a parlarmi senza parlare e così ho capito che in tutti questi anni non avevano mai smesso di cercarmi.
E il vecchio si è alzato ed è venuto verso di me. Mi ha abbracciato e mi ha offerto un dono.
L’ho ricevuto in ginocchio e l’ho custodito tra le mie mani.
Poi il vecchio è tornato a sedersi. Io mi sono voltato e ho camminato. E quando mi sono fermato avevo tra le mani il mio primo Primitivo.
E così mi sono accorto finalmente di non essere più sordo.
Riuscivo a sentire la mia anima.”
Giuseppe Maiorana